GRIFFA GIORGIO
Giorgio Griffa nasce a Torino nel 1936. Inizia a dipingere bambino con pittori tradizionali. Nel 1958 si laurea in giurisprudenza e inizia l’attività di avvocato. Nel 1960 sente la necessità di un nuovo apprendistato e diviene allievo nella scuola privata di Filippo Scroppo, astrattista torinese che ha fatto parte del MAC. Per tre anni segue le lezioni, sviluppando peraltro un’esperienza strettamente figurativa. Negli anni successivi procede a una progressiva spoliazione degli elementi rappresentativi, senza passare per le opzioni dell’astrattismo, sino a giungere ai primi lavori non rappresentativi, il ciclo dei lavori intitolato Quasi dipinto. In quel ciclo si precisa la scelta del non finito che diverrà un carattere costante del suo lavoro. Espone quei lavori nel 1968 alla galleria Martano di Torino. Nel 1969 inizia la collaborazione con la galleria Sperone sempre a Torino e nel 1970 espone nelle gallerie di Ileana Sonnabend a New York e Parigi. È di quegli anni la vicinanza agli artisti dell’arte povera, che ricorderà in una mostra del 2000 (galleria Salzano, Torino) con queste parole: “L’intelligenza della materia non veniva usata quale strumento di nuove sintesi formali, peraltro inevitabili, ma diveniva protagonista dell’opera, la mano dell’artista posta al suo servizio. Analogamente, essendo io convinto dell’intelligenza della pittura, ponevo la mia mano al servizio dei colori che incontravano la tela, limitavo il mio intervento al gesto semplice di appoggiare il pennello”. Per circa due anni, fra il 1973 e il 1975, esegue quasi esclusivamente linee orizzontali, composte da una linea continua che si ripete, ovvero dà segni di pennello ordinati l’uno accanto all’altro in sequenze orizzontali. Negli anni successivi iniziano a convivere sulla tela sequenze di segni differenti. Inizia il ciclo che egli definisce delle Connessioni o Contaminazioni, modifica fisiologica del precedente ciclo dei Segni Primari. Sono gli anni in cui si avverte come la riflessione di tipo minimalista apra le porte a una nuova considerazione dell’imponente carico di memoria di pittura e scultura. Griffa non è un minimalista, Paolo Fossati ha puntualizzato la differenza del lavoro di Griffa dal minimalismo, ma il clima è quello. E così nel 1979 dipinge il trittico, intitolato non a caso Riflessione, composto di tre grandi tele dedicate rispettivamente a Matisse, Klee, Yves Klein. Quel trittico, esposto nel 1980 alla galleria Martano di Torino (e in seguito da Lorenzelli Arte a Milano), costituisce il primo passo di un altro ciclo, che troverà negli anni duemila il titolo di Alter Ego. In esso ogni lavoro è dedicato ad artisti di ogni epoca. Proseguirà, con larghe pause, per trent’anni. Gli anni ottanta vedono un ampio sviluppo del ciclo delle Contaminazioni. Ai segni spesso si affiancano campiture di colore più o meno ampie, un racconto indeterminato fra le memorie della pittura. All’inizio degli anni novanta sopraggiunge il ciclo Tre linee con arabesco in cui ogni lavoro, tela, disegno, acquerello, incisione, contiene appunto, fra gli altri segni, tre linee e un arabesco. Questi lavori sono numerati secondo l’ordine in cui vengono eseguiti, il primo col numero 1, il secondo col numero 2 e così di seguito (sin ora sono arrivati al n. 1661). La numerazione mira a fissare la posizione dei singoli individui all’interno del gruppo e nel contempo ricordare la loro appartenenza al gruppo. Nel seguito degli anni novanta inizia un altro ciclo che si avvale dei numeri. È il ciclo delle Numerazioni. Qui i numeri indicano su ciascuna tela l’ordine in cui sono posati i vari segni e colori che la compongono. I numeri mirano a sottolineare per un lato l’ordine in cui si svolge l’evento pittura e per l’altro lo svilupparsi dell’evento, un segno dopo l’altro sia nel tempo sia nello spazio. Si deve notare che fra un ciclo e l’altro non vi è alcuna ipotesi di sviluppo o progresso. Vi è soltanto, semplicemente, la presenza di aspetti diversi del divenire. Pertanto i cicli non si susseguono l’un l’altro, ma si accavallano, si incrociano, convivono l’uno accanto all’altro, magari restano sospesi per anni e poi riprendono. I cicli che emergono negli anni duemila confermano quest’aspetto. Infatti, la loro origine risale a vent’anni prima, alla fine degli anni settanta. Il ciclo Alter Ego, con i suoi riferimenti ad altri artisti, di volta in volta Piero della Francesca o Tintoretto, Beuys o Merz, nasce da quel trittico del 1979 intitolato Riflessione, passa attraverso vari lavori degli anni ottanta e novanta e precisa la sua identità con un gruppo di lavori degli anni duemila. A sua volta il ciclo Sezione Aurea, che guarda a quel numero irrazionale senza fine che ne caratterizza l’aspetto matematico, si avvale delle trasparenze della tela tarlatana che già erano del grande lavoro Dioniso del 1980, esposto alla Biennale di Venezia di quell’anno. Giorgio Griffa ha anche pubblicato vari testi: Non c’è rosa senza spine nel 1975; Cani Sciolti Antichisti nel 1980; Drugstore Parnassus nel 1981; In nascita di Cibera nel 1989; Il principio di indeterminazione nel 1994; disegno insegno (con Martina Corgnati) nel 1995; Come un dialogo nel 1997; Approdo a Gilania nel 1998; Intelligenza della materia nel 2000; Nelle orme dei Cantos nel 2001; Intervista a cura di Flavia Barbaro, GAM Torino nel 2003; Nota sulla rappresentazione dello spazio nel 2003; Post scriptum nel 2005.